
Non è solo uno spuntino da aperitivo, ma un simbolo di identità locale: la lumachella orvietana entra ufficialmente tra i Presìdi Slow Food, riportando alla luce una tradizione che rischiava di perdere la propria autenticità.
Orvieto, scrigno di arte, tufo e sapori, ha da oggi un nuovo motivo d’orgoglio: la lumachella orvietana – storico prodotto da forno nato nella cucina contadina – è stata riconosciuta come Presidio Slow Food. Ma non si tratta solo di celebrare un’icona gastronomica: il progetto è nato dalla necessità di difendere una ricetta che, negli anni, rischiava di appiattirsi sotto il peso della standardizzazione.
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La lumachella orvietana: una spirale di storia e sapori
Un tempo, la lumachella orvietana si preparava con gli avanzi dell’impasto del pane e ciò che restava in casa: pancetta, guanciale, ritagli di prosciutto, pecorino, pepe e un filo d’olio. Un piccolo capolavoro dell’arte del recupero, impastato, arrotolato e portato nei campi come pasto veloce, nutriente e saporito.
Oggi la si incontra facilmente sui taglieri degli aperitivi orvietani, fritta o a tocchetti, ma la ricetta autentica rischiava di perdersi. Farine industriali, ingredienti generici, scarsa tracciabilità: «Era necessario riportare l’attenzione sull’origine del prodotto, prima che diventasse solo un souvenir da turismo veloce», spiega Alessandra Cannistrà, referente del Presidio.
Dalla farina al forno: un patto con la terra
Il percorso per ottenere il riconoscimento è stato lungo e condiviso: si è partiti dal grano, selezionando varietà antiche come Gentil Rosso, Verna e Senatore Cappelli. Farine complesse, vive, che hanno richiesto studio e sperimentazione da parte dei forni coinvolti. Anche il lievito madre, i formaggi e i salumi usati oggi sono frutto di una filiera locale attenta e consapevole.
«Diventare Presidio è il risultato di un cammino collettivo, fatto di prove e tanta passione», racconta Francesco Notazio, fornaio e uno dei promotori del progetto. «Abbiamo riscoperto la lumachella orvietana delle origini, ma anche una comunità di produttori che crede nella qualità».
Un gusto che racconta un territorio
Oggi sono due forni, un’azienda agricola con locanda e otto tra bar e ristoranti ad aver aderito al Presidio, sostenuto dal Comune di Orvieto e dal GAL Trasimeno-Orvietano. Per Vittorio Tarparelli, portavoce dei produttori, la lumachella è più di una ricetta: «Appena fuori da Orvieto, questo prodotto scompare. È qualcosa di profondamente nostro, una memoria condivisa. Ma quando qualcosa diventa scontato, smette di raccontare. Il nostro obiettivo è farla tornare a parlare».
E oggi, quella spirale di pane, salumi e formaggio, che un tempo scaldava le tasche dei contadini, torna a essere un simbolo vivo, narrante, identitario.

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